Il laboratorio di emodinamica, è parte integrante dell’Operativa di U.T.I.C. – Cardiologia , fa parte della Rete IMA, è interconnessa con i punti di primo contatto medico (Pronto Soccorso, Ospedali Hub e con la Centrale Opertativa Territoriale 118) ed è attivo 24h, 7 giorni su 7, soprattutto per il trattamento endovascolare della cardiopatia ischemica nelle sue manifestazioni cliniche acute e croniche, per effettuare la rivascolarizzazione (percutanea) dei vasi del cuore ostruiti, che hanno causato il cosiddetto “infarto”.
L’equipe, composta dal cardiologo interventista, dall’infermiere e dal tecnico di radiologia, lavora in forte sinergia e può contare su professionisti altamente qualificati e competenti, con un’esperienza decennale nell’ambito della Cardiologia interventistica, in continuo aggiornamento, con la partecipazione ad eventi formativi, corsi di specializzazione e congressuali, nazionali ed internazionali.
L’equipe lavora sia in emergenza, attivata dal sistema territoriale 118, organizzato secondo il modello di rete tempo dipendente per l’infarto (nelle sindromi coronariche acute (SCA), con (SCA-STE) o senza sopraslivellamento del tratto ST (SCA-NSTE), o in pazienti con angina stabile e in elezione per studi diagnostici, prosecuzione dell’iter diagnostico-terapeutico, follow-up con l’esecuzione di diverse procedure interventistiche.
Il laboratorio di emodinamica è stato realizzato per garantire al paziente la massima efficacia della procedura, in molti casi salvavita e per la migliore accoglienza ed umanizzazione della sua presa in carico, con ambienti dedicati per la sua sosta, il suo monitoraggio ed una sala operatoria con apparecchiature di avanguardia.
La principale indagine medica che viene eseguita nel nostro Laboratorio di Emodinamica è la Coronarografia, a cui può seguire l’angioplastica con posizionamento di uno o più stent, a carico del vaso/dei vasi responsabili dell’insorgenza dell’infarto/ischemia miocardica.
Inoltre, nel nostro laboratorio di emodinamica, vengono effettuate procedure di Cardiologia Interventistica: Chiusura dell’Auricola, Chiusura del PFO e Ablazione delle arterie renali.
Attraverso la coronarografia è possibile studiare l’albero coronarico gli effetti di una sindrome coronarica acuta, dovuta all’improvvisa ostruzione di un’arteria coronaria che provoca angina instabile o “l’attacco cardiaco” (infarto miocardico), la cui gravità è variabile in base alla sede e/o all’entità dell’ostruzione. Tali ostruzioni provocano un mancato apporto di sangue e conseguentemente la morte del tessuto e della relativa funzionalità del cuore.
E’ un esame che viene eseguito in regime di ricovero in pazienti con segni (ischemia documentata ai test d’ischemia inducibile) e/o sintomi (angina/dispnea) indicativi di una coronaropatia, ossia una qualsiasi alterazione, anatomica o funzionale, delle arterie coronarie (i vasi sanguigni che portano sangue al muscolo cardiaco). Visualizzando le coronarie con il mezzo di contrasto, é possibile valutare direttamente la presenza di eventuali ostruzioni (stenosi).
Come si esegue la procedura?
La coronarografia è un esame mini-invasivo, eseguito in anestesia locale. Un piccolo catetere inserito all’interno di un’arteria del polso (radiale) o dell’inguine (femorale),
viene fatto risalire sotto guida radiografica fino all’origine delle coronarie (osti).
Nel caso in cui ci fossero delle stenosi, viene posta indicazione a rivascolarizzazione miocardica percutanea (con l’angioplastica) o chirurgica (con il by-pass).
Le placche aterosclerotiche che si formano nella parete di un'arteria coronarica possono essere diverse l'una dall'altra. In questo contesto appare di importanza fondamentale, per scegliere il trattamento ottimale caso per caso, avere a disposizione una tecnica che consente di svelare anche i segreti più nascosti della placca oltre che le eventuali tortuosità di un vaso,. Questo importante obiettivo può essere oggi raggiunto grazie all’utilizzo dell’OCT.
L’Optimal Coherence Tomography (OCT), o tomografia ottica a radiazione coerente, è in pratica una sorta di esame che permette di vedere come una Tac strato per strato la struttura in esame, tutto ciò ci consente di studiare la struttura e le patologie delle coronarie dall'interno, ottenendo dettagli della parete delle arterie che in passato era possibile osservare solo con i microscopi nelle autopsie. Tale tecnica rappresenta un'opportunità diagnostica in più, per specifici pazienti, per definire il percorso di cura e procedere poi con i trattamenti endovascolari, come l’angioplastica e l’eventuale impianto di stent per mantenere aperta l'arteria trattata.
L’OCT si basa sull’interferometria a bassa coerenza, il cui principio di funzionamento è simile a quello dell’ecografia. A differenza di quest’ultima, però, l’interferometria sfrutta la riflessione di onde luminose da parte delle diverse strutture biologiche invece che la riflessione delle onde acustiche, consentendo una risoluzione di 10-20 µ, contro i 110-300 µ degli ultrasuoni. Le immagini vengono generate per rifrazione: una sorgente luminosa (diodo) produce un fascio di luce con lunghezza d’onda = 1280-1300 nm.
Quando il fascio di luce incontra del materiale biologico, vi produce un’oscillazione alla stessa frequenza dei fotoni incidenti. Tale oscillazione induce a sua volta l’emissione di fotoni che vengono intercettati da un interferometro, che processa il segnale generando l’immagine. L’OCT è una tecnica invasiva, dal momento che il segnale ottico generato dev’essere condotto via catetere in corrispondenza dell’area da esaminare. La luce rifratta viene poi captata dalla stessa sonda che ha inviato il segnale, ed è trasmessa all’interferometro.
Grazie alla più alta risoluzione, tra le 10 e le 50 volte in più rispetto all’ecografia intra-coronarica, permette una valutazione migliore dei diversi strati, a diversa composizione, che formano la placca. Ad esempio è in grado di valutare lo spessore del cappuccio fibroso, un indice molto importante per stimare la pericolosità della placca e il suo rischio di rottura. L’OCT, grazie alla sua precisione e alla ricchezza d’informazioni è uno strumento molto utilizzato nella ricerca per lo studio dei meccanismi che portano all’evento ischemico, nella pratica clinica ha un ruolo chiave per impostare al meglio il trattamento nei pazienti.
La nostra U.O.C. si è dotata da poco tempo dell'OCT, che ci permette di vedere in maniera dettagliata le coronarie dall'interno, - dichiara il dott. Antonio Aloia - questo ci consente di personalizzare il trattamento dei pazienti con cardiopatia ischemica. In particolare, l'OCT permette di definire le caratteristiche anatomiche e la composizione delle placche aterosclerotiche, e di ottimizzare il trattamento nel caso di debba ricorrere all'angioplastica con impianto di stent.
L'OCT è una metodica relativamente giovane, che è andata incontro a una serie di evoluzioni tecnologiche. Il nuovo catetere in particolare consente di ottenere immagini intra-coronariche di miglior qualità ed è stato strutturato in maniera da facilitarne l'applicazione nelle anatomie coronariche più difficili. L'OCT impiega un fascio laser per "fotografare" le coronarie, è una specie di Tac che permette di "tagliare a fette", ovviamente in senso figurato, le arterie coronarie e studiarne strato per strato la parete in particolare la placca e la sua composizione.
L'OCT rappresenta una delle tecnologie più moderne per "guardare" all'interno delle coronarie, utilizzando una luce con frequenze vicino all'infrarosso per ottenere immagini intravascolari ad alta risoluzione. Il minuscolo catetere di OCT che viene inserito nel vaso da studiare ruota rapidamente al suo interno, illuminandone le pareti con la sua luce speciale; questo consente di acquisire in pochi secondi e con precisione microscopica, un'immagine del versante interno della coronaria e di conoscere la composizione della placca aterosclerotica; le strutture 'illuminate' riflettono o assorbono in modo diverso la luce dell'OCT in modo diverso, a seconda della loro composizione (la placca può essere calcifica, fibrotica o lipidica).
Tale apparecchiatura ci consente di identificare in modo più accurato trombi, depositi di calcio, lo spessore del cappuccio fibroso della placca, dissezioni, prolasso della placca, malposizionamento dello stent. Le informazioni ottenute con l'OTC ci consentono di avere un'idea molto precisa della posizione e della struttura delle placche aterosclerotiche, permettendo di programmare il trattamento di rivascolarizzazione con maggior precisione e dettaglio. Permettono inoltre di scegliere con precisione i segmenti di coronaria da trattare con gli stent e di selezionare terapia antitrombotica o tecniche per l'aspirazione di trombo. Le placche con componente lipidica ('soft') consentono di solito un più agevole posizionamento dello stent; quelle fortemente calcifiche sono più difficili da dilatare e richiedono invece una preparazione più complessa. Nelle sindromi coronariche acute infine l'OCT rappresenta a oggi il miglior modo per identificare la cosiddetta lesione 'colpevole' dell'infarto e l'eventuale presenza di accumuli di trombo.